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22/11/1963 - John Fitzgerald Kennedy - distopia temporale

Immagine del redattore: Bernadette CaponeBernadette Capone

Aggiornamento: 21 ott 2022


In Dealy Plaza, a Dallas, il tempo si è fermato. E su questo non vi è ombra di dubbio.

Non si può scappare via da quel giorno.

Ne è impregnata la vegetazione tutt'intorno, i palazzi, le fontane, l'arredo urbano. Persino l'asfalto brucia di energie violente e profonde, specie nei punti in cui i colpi che misero fine alla vita di J.F.Kennedy andarono a segno. Ci sono le grosse X in bella mostra sull'asfalto e gli americani provvedono puntualmente a rinnovarne il colore come per tutto il resto della segnaletica.

Non sembra passato un secondo.

E non serve nemmeno chiudere gli occhi per rivedere gli spettatori di quel giorno assiepati alle due ali del corteo; le signore con gli abiti anni '60 sotto il ginocchio, gli eleganti gentleman con i loro cappelli a cupola.

Girando lo sguardo, in alto sul piccolo rialzo erboso che costeggia Elm Street, in una posizione ideale per avere un'ottima visuale della piazza, c'è anche Abraham Zapruder con la sua cinepresa ultimo modello, che sta per fissare su pellicola l'unica testimonianza filmata dell'evento che modificò la storia degli Usa. Come incastrati in una maledetta prigione temporale che li ha cristallizzati in quel frangente di meno di due minuti, ci sono proprio tutti gli attori. Alzando lo sguardo verso il sesto piano, ultima finestra ad angolo, del palazzo che oggi è il Dallas County Administration Bulding ma che in quel tempo era un deposito di libri, fa capolino anche la punta del fucile Mannicher-Carcano, pronto a far fuoco. Lee Harvey Oswald non si vede. È accucciato dietro l'arma e ha già l'indice pronto sul grilletto, un occhio strizzato e l'altro concentrato all'interno del mirino di precisione.

L'assassinio di J.F.Kennedy è un evento che segna irrimediabilmente il successivo svolgersi della storia degli Stati Uniti ma anche del mondo intero.

Dunque vien da chiedersi: come sarebbe il mondo oggi se Kennedy fosse sopravvissuto? Se Lee Hosward avesse cambiato idea, non fosse andato a segno, o se in qualunque modo possibile l'attentato fosse stato sventato?

Essendo Kennedy fondamentalmente un pacifista, viene da ipotizzare (perchè pur sempre soltanto di ipotesi si tratta) che dal suo sopravvivere possa essere risultato necessariamente un mondo migliore. Eppure non è così. Ce lo ha insegnato un celebre romanzo di Stephen King: 22/11/63.

Dal mancato assassinio di Kennedy nasce un mondo distopico perchè qualsiasi intromissione nel continuum spazio tempo, per quanto dettata da nobili intenti, genera una realtà sbagliata, dunque foriera di disastri.

Se fosse sopravvissuto Kennedy, la guerra in Vietnam non avrebbe avuto luogo e probabilmente nemmeno l'assassinio di Martin Luther King. Eppure il mondo avrebbe avuto un aspetto orribile.

Il nuovo mandato elettorale di Kennedy sarebbe stato un disastro. Il ritardo nell'intervento in Vietnam avrebbe segnato la storia degli Stati Uniti indebolendoli a tal punto sul piano militare e morale da renderli vulnerabili agli attacchi degli integralisti islamici. Il mondo intero sarebbe stato travolto da guerre atomiche e una catena impressionante di disastri naturali.



Non c'è scampo per l'uomo, questo il messaggio.

Per quanto bene e male si accapiglino, sforzandosi di prevalere l'uno sull'altro, per quanto ogni individuo possa fare per rendere il suo contributo a favore di una fazione o dell'altra, ad avere la meglio sarà sempre la natura, anche nei suoi aspetti più incomprensibili e misteriosi come lo scorrere del tempo.

La fantascienza lo sa.

Mondi paralleli, linee temporali alternative sono possibili ma ogni modifica apportata dall'uomo sarà sempre instabile, provvisoria, funesta.

In Dealy Plaza il tempo si è fermato.

Ed è giusto così.



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