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Pochi sanno chi è Jennifer Teege. Molti di più conoscono Amon GÖth, spietato e feroce ufficiale delle Waffen SS, comandante del campo di concentramento di Plazòw, luogo infausto tornato all’attenzione del mondo grazie al capolavoro di Stephen Spielberg “Schindler’s list”.
GÖth è stato un folle, uno di quei gerarchi nazisti che ha eseguito gli ordini impartiti dal Führer senza batter ciglio, senza opporvi alcun brandello di coscienza. Così, lucido e consapevole, ha causato la morte di oltre 20.000 ebrei e, nel secolo delle idee assassine, ha contribuito ad alimentare sensibilmente la spaventosa macchina dell’olocausto. Eppure, negli anni dell’insana supremazia della razza ariana, esisteva, per GÖth e per tutti i nazisti, un’etnia ancor inferiore agli ebrei, neppur degna di odio, di avversione: i neri. Cosa c’entra in tutto questo Jennifer Teege, questa bella signora dalla pelle scura e lo sguardo intelligente e profondo? Niente o tutto. Jennifer è la personificazione della più inviolabile delle leggi della natura, che esprime, attraverso lei, l’apice della sua potenza, schiacciando impietosamente qualunque precetto partorito dalla mente umana.
Monika, la figlia che GÖth non aveva mai conosciuto perché nata mesi dopo la sua cattura da parte degli alleati, ebbe, decenni dopo la fine della guerra, una relazione con un soldato nigeriano, mettendo al mondo Jennifer. E, naturalmente, oggi tutti si chiedono come avrebbe potuto reagire uno dei più accesi sostenitori delle folli teorie razziste di Hitler, trovandosi a cospetto di sua nipote dalla pelle scura. L’avrebbe uccisa? O, accecato dalla magnificenza della vita, si sarebbe piegato al volere inarrestabile della natura?
Non potremo mai saperlo. Ciò che sappiamo è che Jennifer è un ulteriore, fondamentale tassello per ricostruire lo scenario di vuote e insulse convinzioni che fece da sfondo alla seconda guerra mondiale e per tramandarlo, con maggiore consapevolezza, alle generazioni a venire.
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